Speciale Brasile 2014: analisi del girone F

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Bosnia – Unica nazionale esordiente in un Mondiale, la Bosnia punta a ‘raddoppiare’ ottenendo il superamento della prima fase. Il compito appare alla portata, perchè nel suo girone, oltre all’Argentina, ci sono Iran e Nigeria. Si è qualificata grazie al primo posto nel gruppo G della zona europea davanti a Grecia e Slovacchia, con 8 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta. Quella a Brasile 2014 sarà quindi la prima apparizione di questa nazionale in una grande manifestazione, in cui rappresenterà un paese che ha soltanto tre milioni e mezzo di abitanti per i quali, divisi come sono tra ortodossi, croati cattolici e musulmani, il calcio è l’unico collante. Ma fino a dodici anni fa la Bosnia non aveva neppure un campionato unico, visto che serbi e croati bosniaci avevano ognuno la propria lega. Il commissario tecnico della Bosnia è un’autentica gloria nazionale, quel Safet Susic che fu un attaccante di spicco della Jugoslavia che giocò i Mondiali del 1982. Ora ha 58 anni e fa il ct dal 2010. Ai suoi ordini ci sono giocatori di spicco come Edin Dzeko e Miralem Pjanic. Il primo è l’ariete, di religione musulmana, che ha fatto vincere un titolo della Bundesliga al Wolfsburg e poi è stato protagonista di un trasferimento multimilionario al Manchester City, per la cui stagione quest’anno è stato determinante da febbraio in poi. Il suo idolo è Marco Van Basten, ed è a lui che dice di ispirarsi. Pjanic, invece, è un pilastro della Roma e ora vuole consacrarsi anche a livello internazionale, dove peraltro ha già fatto bene in Champions ai tempi del Lione. Poggeranno soprattutto su queste due stelle le speranze di fare strada e rimanere a lungo in Brasile, dove i bosniaci si alleneranno a Guarujà, località del litorale paulista un tempo frequentata da Alberto Sordi, e il cui stadio, l’Antonio Fernandes, è accanto a un allevamento di capre, anatre, volatili vari e galline: ”ma noi non faremo la fine dei polli”, è stato il commento di Susic. Altri simboli calcistici della Bosnia, selezione tenuta insieme da un forte spirito di gruppo e che in vista dei Mondiali ha cambiato sponsor tecnico legandosi all’Adidas, sono il laziale Lulic, l’attaccante dello Stoccarda Ibisevic, il centrocampista dell’Hoffenheim Salihovic e il difensore del Bayer Leverkusen Spahic. La porta è difesa da Begovic, che nello Stoke City ha ereditato il ruolo che fu del grande Gordon Banks. L’ultimo arrivato si chiama Tino Susic, gioca da mediano o esterno nell’Hajduk Spalato ed è il nipote del ct: ma non è un raccomandato, visto che lo volevano anche Belgio (con cui ha giocato a livello giovanile) e Croazia. Ma lui, che si considera ”un ardente patriota”, ha spiegato di considerarsi bosniaco e quindi di voler giocare solo nella nazionale di suo zio. E’ bosniaco di passaporto anche il talentuoso brasiliano Wagner Lago, da undici anni ‘stella’ del Siroki Brijeg: molti lo avrebbero voluto in nazionale, ma Susic non lo ha chiamato.

messi higuain aguero di mariaArgentina – Ora o mai più. L’Argentina si presenta al Mondiale in casa degli arci-rivali brasiliani con il preciso obiettivo di vincerlo. Non tanto per cancellare quel 4-0 degli ottavi di quattro anni fa in Sudafrica contro la Germania, con Maradona ct, quanto per provocare una nuova tragedia nazionale al Maracanà che, come ha detto il ministro dello sport brasiliano Aldo Rebelo, ”sarebbe peggiore di quella del 1950”. Ecco perchè l’Albiceleste darà il 101% e non si tirerà mai indietro, mettendo da parte tatticismi e scaramanzia e facendo leva sulla voglia che ha di fare un brutto scherzo ai ‘cugini’. Per non lasciare nulla di intentato la squadra si recherà anche al Santuario di Nostra Signora del Rosario: sarebbe il mancato adempimento a questa promessa, fatta nel 1986, il motivo della ‘maledizione’ che da 28 anni impedisce all’Argentina di conquistare il terzo titolo mondiale. Così il ct Alejandro Sabella prima di arrivare a Belo Horizonte (sede del ritiro iridato, nel centro tecnico dell’Atletico Mineiro) porterà i suoi nella chiesa di Tilcara, cittadina della provincia di Jujuy dove si trova l’immagine della Vergine venerata da milioni di connazionali, compreso il tifoso numero 1, Papa Francesco. Se l’aiuto dall’Alto basterà per vincere lo dirà il campo, certo che la selezione biancoceleste, dominatrice delle qualificazioni sudamericane a girone unico, ha un asso nella manica del calibro di Lionel Messi, che ha già chiarito le proprie intenzioni: ”dove mi immagino il 13 luglio? Sul campo del Maracanà a giocare la finale”, ha detto senza tanti giri di parole a Olè, quotidiano sportivo del suo paese. Messi è reduce da una stagione non al top nel Barcellona ma ormai è padrone assoluto della nazionale, al punto che ci sarebbe una sua precisa volontà (per problemi di screzi del passato) dietro all’ostracismo a Carlitos Tevez, per il quale i tifosi sono scesi in piazza ma che il ct Sabella, ex vice-allenatore del Parma ai tempi della disastrosa esperienza in Emilia di Daniel Passarella, non ha voluto chiamare preferendogli un semisconosciuto come Franco Di Santo, ex Chelsea e ora al Werder Brema, che marcia a una media di 3 gol a stagione. ”Non vede Sky”, lo ha provocato l’Apache alludendo alle sue prestazioni nella Juventus, ma il tecnico conta su Higuain e Aguero, oltre che su Messi, e tanto gli basta. Oltretutto la Pulce avrà lo stimolo di sapere che ha l’età giusta per vincere il titolo più prestigioso (compirà 27 anni a torneo in corso) e di essere consapevole del fatto che solo con la conquista della Coppa, nonostante tutto ciò che ha già fatto e i suoi numeri impressionanti, entrerà nell’Olimpo degli dei del pallone accanto a Pelè e Diego Maradona. L’importanza del n.10 è testimoniata anche dalle parole del coordinatore delle nazionali Carlos Bilardo: ”senza Messi perdiamo un buon 20%”. Sabella si augura di non doversi mai porre il problema. Il reparto della squadra che non entusiasma è il centrocampo, fatto di gente, come Gago, Biglia e Banega, che quando ha giocato in Europa non ha sempre reso al meglio ma che nella ‘Seleccion’ offre un buon rendimento. La certezza è Mascherano, il dubbio presto risolto quello su Cambiasso, che non è stato convocato al pari dell’ex romanista Burdisso nel reparto arretrato. Meglio puntare, ha pensato Sabella, sull’altro nerazzurro Ricky Alvarez, mentre l’idea di richiamare Veron, in chiusura di carriera all’Estudiantes, è stata accantonata anche perchè il primo a non essere convinto era proprio il giocatore ex Lazio. Sulla fascia Sabella conta molto su Di Maria, mentre la difesa guidata dal napoletano Fernandez e da Garay del Benfica nelle qualificazioni ha subito solo 15 reti e ora deve solo ripetersi. Al resto penserà la tradizionale grinta argentina, che ai brasiliani ha già provocato molti dispiaceri.

Iran – Per l’Iran quella al Mondiale brasiliano è stata una qualificazione agevole, con appena 2 sconfitte in 16 partite delle eliminatorie asiatiche. Il frutto di queste performance è stato il primo posto ottenuto nel girone A della zona Asia, davanti ai coreani e all’Uzbekistan, che si è tradotto nella quarta partecipazione iraniana alla fase finale di una Coppa del mondo. L’ultima apparizione, quella di Germania 2006, si concluse con due sconfitte e un pareggio, ma un paio di elementi di quella nazionale, come Javad Nekounam (31enne centrocampista ex Osasuna tornato in patria e successivamente ripartito per il Kuwait) e Andranik Teymourian, sono ancora sulla breccia perchè il ct Carlos Queiroz, giramondo portoghese sulla panchina iraniana dal 2011, fa pieno affidamento su di loro. L’ex vice di Sir Alex Ferguson al Manchester United ha allenato anche negli Usa, e proprio dagli States ha portato con sè a Teheran un americano, quel Dan Gaspar che viene dal ‘Grande Satana’ ma l’Iran ha accolto come preparatore dei portieri. E non è solo, perchè la nazionale iraniana ha uno statunitense anche tra i suoi giocatori. Si tratta del californiano Steven Beitashour, difensore che gioca nella Mls a Vancouver, e che ha deciso di giocare per la nazionale del paese dei suoi genitori (”padre cristiano e madre musulmana”, ha tenuto a precisare) preferendola a quella degli Usa, per la quale era già stato convocato, nel 2012, dal ct Juergen Klinsmann. Decisivo nella scelta di Beitashour è stato il fatto che Queiroz gli abbia assicurato la chiamata per il Mondiale, visto che il tecnico ha deciso di fare uso degli ‘immigrati’: ecco allora che fra i pezzi pregiati dell’Iran ci sono anche Masoud Shojaei del Las Palmas, il tedesco Ashkan Dejagah, varie presenze nelle giovanili della Germania e ora al Fulham, e Reza Ghoochannejhad, attaccante dal passaporto anche olandese fresco reduce da un’esperienza inglese nel Charlton e idolo a Teheran. C’è anche il ‘russo’ Sardar Azmoun, del Rubin Kazan, un 19enne che viene considerato il ‘Messi di Persia’. In previsione di Brasile 2014, torneo durante il quale l’Iran si allenerà nel centro tecnico del Corinthians, va poi ricordato che Queiroz è stato confermato in forza dei risultati ma non ha buoni rapporti con i suoi dirigenti, ai quali non ha risparmiato dure critiche quando ha sottolineato che l’Iran avrà a disposizione un periodo troppo breve per prepararsi per un impegno così importante. ”Non è possibile immaginare che bastino 15 giorni – ha detto Queiroz -. Chi ha fatto un programma del genere o è matto o vive a Disneyland. Rischiamo di arrivare in Brasile il 3 giugno per fare i turisti. Il match contro Messi (l’Iran è nel girone dell’Argentina n.d.r.)? E’ l’unica cosa che non mi preoccupa: in fondo è un privilegio poter sfidare il miglior giocatore del mondo, e avevamo bisogno di una partita come questa”. La nazionale iraniana ha anche qualche problema economico, e per questo è stato ordinato ai giocatori di non scambiare le maglie con gli avversari a fine partita, visto che non potranno averne una nuova in occasione di ogni match mondiale. Dovranno lavare e riutilizzare le casacche usate in precedenza, come ha rivelato il presidente della federcalcio locale Ali Kafashian.

Nigeria – Fin dal giorno del sorteggio a Costa do Sauipe, il ct della Nigeria Stephen Keshi è andato dicendo che la sua squadra al Mondiale può raggiungere le semifinali. Nemmeno l’Argentina di Messi, che assieme a Bosnia e Iran sarà tra le rivali delle Super Aquile nella fase a gironi, sembra mettere paura al tecnico, più spavaldo di quanto non fosse un anno fa, in vista della Confederations Cup. Ma in quell’occasione aveva portato dei giovani e deciso di fare esperimenti, che poi non si rivelarono felici (passarono Spagna e Uruguay), ma ora secondo Keshi le condizioni sono migliorate, in tutti i sensi, e per i campioni d’Africa c’è la possibilità di andare lontano dopo aver eliminato nel doppio spareggio per il Brasile le sorprendenti Antilopi dell’Etiopia. ”I miei ragazzi vogliono stupire il mondo, mostrando ciò di cui sono capaci”, è il ‘mantra’ del ct. Per il Mondiale a Keshi non è riuscito il colpo di soffiare l’attaccante Imoh Ezekiel, dello Standard Liegi, utilizzabile anche dal Belgio, che a giudizio del tecnico avrebbe potuto formare un trio micidiale con Victor Moses ed Ahmed Musa o Emmanuel Emenike, beniamino dei tifosi del Fenerbahce. Accantonato solo all’ultimo momento, con l’esclusione dalla lista dei 30 pre-convocati, l’attaccante del Villarreal Ikechukwu Uche, protagonista di una buona stagione nella Liga ma che al ct non piace perchè, a suo dire, carente di disciplina tattica. Keshi non lo voleva, i suoi dirigenti hanno fatto molte pressioni affinchè ci fosse la chiamata ma il tecnico ha resistito, sapendo di fare una scelta che pagherà molto cara in caso di risultati negativi. E’ stato comunque l’ennesimo capitolo di una storia in cui ci sono stati spesso litigi e discussioni fra staff dirigenziale e tecnico, al punto che già due volte Keshi ha minacciato le dimissioni. Polemiche, questo allenatore, che ha escluso dalla nazionale anche l’ex interista ‘Oba Oba’ Martins, le ha fatte anche quando ha sottolineato come in Europa ci siano tanti calciatori africani ma pochissimi tecnici, parlando di preconcetti e facendo allusioni pur senza mai pronunciare la parola ”razzismo”. ”Avrei voluto portare la mia esperienza in Europa, ma non me l’hanno permesso”, si è fatto sfuggire. Brasile 2014 per Keshi sarà quindi l’occasione giusta per far vedere se è davvero bravo come dice lui, sperando che una mano gli arrivi dai giocatori dei quali si fida di più, ovvero punti fissi che per la Nigeria si chiamano Vincent Enyeama, esperto portiere che ha lavorato con Rudi Garcia nel Lilla, e John Obi Mikel, centrocampista del Chelsea bravo ma con spesso dei problemi fisici, come quelli che gli hanno già fatto saltare un Mondiale (nel 2010). Al tecnico piace molto anche la grinta del laziale Onazi, da lui lanciato in Coppa d’Africa. Insomma, è una Nigeria che potrebbe anche far bene, specie se metterà da parte le divisioni interne frutto delle tante etnie che compongono questo popolo di guerrieri.