Dovessimo eleggere “il giocatore dell’anno” di questa stagione calcistica appena terminata non avremmo dubbi. Il suo nome sarebbe questo: Antonio Candreva. Barba scolpita, 28 anni, romano-romanista e ora faro indiscusso della Lazio di Pioli e della Nazionale di Conte, Antonio Candreva è il classico anti-personaggio che con il suo silenzio, la sua riservatezza, e quindi la sua unicità in un campionato fatto di rockstar e primedonne vanitose, è diventato un vero esempio per tanti. Dato da non sottovalutare: Candreva sa giocare a calcio! E come gioca! Poche chiacchiere, molti numeri, ancor più “presenza” in campo. Fiato, tecnica, volontà. Tiri, passaggi, corsa. Il campionato di calcio italiano e le sue squadre hanno tanto bisogno di calciatori come Candreva. Tanto. 148 presenze. 33 gol. Solo sostanza, Mr. Candreva. E pensare che, arrivato alla Lazio dopo essersi un po’ perso fra Parma e Cesena, aveva trovato terreno ostile a causa del suo risaputo tifo romanista. Ora per i tifosi laziali Antonio è diventato Sant’Antonio. Un Santo silenzioso, coraggioso, rivoluzionario. Fosse stato qualcun altro a battere quel cucchiaio contro la Croazia ne avremmo sentito parlare per mesi e ovunque. Per Candreva non è così. Meglio. Candreva obbedisce a un sano motto di chi ama lavorare in pace e migliorarsi costantemente: fatti, non parole. È il più bel calcio che conosciamo.
“Sant’Antonio Candreva”, l’atipico calciatore della Lazio che tifava Roma
Un calciatore atipico Antonio Candreva, niente ecessie moine, solo gioco e fatica