Nato a Toxteh, nel Sud di Liverpool, Robbie Fowler cresce con la passione per l’Everton. Ma a undici anni è la parte Reds della città a selezionarlo. Ad accorgersi di lui è Jim Aspinall, osservatore del Liverpool. Dopo l’ingresso nella selezione scolastica, il giovane Rob firma un contratto giovanile, prima di diventare professionista all’età di diciassette anni. L’amore della KOP, la storica curva Reds, per Fowler: tanti gol, saranno 184 in 369 partite. A cavallo degli anni novanta fa parte del gruppo “The Spice Boys”, insieme a Jamie Redknapp, Stan Collymore, David James e Steve McManaman. Calciatori che oltre che sul campo si distinguevano anche fuori dal terreno di gioco. Playboy, bevitori assidui. “Robbie ci rappresentava, per questo lo amavano tutti. Non importava che spesso fosse nei guai. Era il timido ragazzino di periferia che divenne uno dei più straordinari calciatori mai visti”, questa frase è di Ian McCulloch, leader della band degli Echo & The Bunnymen.
Di Fowler si dice avesse una relazione con Emma Burton, una delle Spice Girls. Ma in campo era sempre impeccabile, segnava. I gol gli valsero la chiamata in Nazionale. Con la maglia dell’Inghilterra ebbe meno fortuna. Sette reti in 26 presenze. Solo qualche spicciolo nel Mondiale del 2002. Con il Liverpool vinse due Fa Cup, due coppe di Lega, due Community Shields, una Coppa Uefa e una Supercoppa Europea. Con l’arrivo di Houllier sulla panchina del Liverpool gli spazi si riducono e Fowler è costretto a lasciare. Per farlo mette in pratica un’esultanza rimasta nella storia. Dopo un gol contro l’Everton, Robbie finge di sniffare la linea laterale, per rispondere a coloro che lo accusavano di essere un tossico. Arriva la squalifica di quattro giornate. Successivamente riceve una nuova squalifica per altre due partite per aver provocato il difensore del Chelsea Graeme Le Saux circa i suoi orientamenti sessuali con un gesto fatto alle spalle dello stesso. Capace anche di gesti da elogiare. Uno dei più clamorosi fu nel match di cartello contro l’Arsenal di Seaman, quando, di sua volontà, rifiutò un rigore fischiatogli a favore scagionando così il portiere dei Gunners. Grande fair play.
Fowler non dimentica le proprie origini. Quei distretti di case popolari, composti di vicoli e mattoni rossi. Il caso più eclatante, in tal senso, è quello del quarto di finale di Coppa delle Coppe 1996/97 contro il Brann Bergen, club norvegese. Fowler segna uno dei suoi tanti gol d’astuzia, poi alza la maglia e mostra una t-shirt rossa con le lettere C e K in bella evidenza, proprio come nel logo di un celebre marchio di abbigliamento. Ma in realtà quella maglia sta a significare dockers: i portuali di Liverpool, in guerra da quasi due anni contro governo e società di gestione del porto, dopo un licenziamento di massa di 500 lavoratori.
Dopo quella del Liverpool, che indosserà anche nella stagione 2006-2007, veste le maglie di Leeds, Manchester City, Cardiff, Blackburn. Poi va in Australia, con Queensland e Perth Glory, chiude in Thailandia con la maglia del Muangthong United. Nel 2012 inizia un periodo di prova con gli inglesi del Blackpool, ma non firmerà mai. Il 22 aprile 2019 viene annunciato come nuovo allenatore del Brisbane Roar, club militante nella A-League, il massimo campionato di calcio australiano. Fowler risulta inoltre uno dei mille britannici più ricchi in una classifica del ‘Sunday Times’. I suoi business, uniti alle sue proprietà, classificano Fowler come il terzo calciatore britannico più ricco di sempre, dando vita ad un coro dei sostenitori del Manchester City: “We all live in a Robbie Fowler house” (“Viviamo tutti in una casa di Fowler”), sulla base di Yellow Submarine. Un bomber di razza. Come i cavalli della scuderia che ha comprato insieme all’amico McManaman. Un “dio” del calcio, non a caso soprannominato “God”.