Massimiliano Mirabelli si racconta. Ai microfoni di calciomercato.com, l’ex dirigente del Milan ha affrontato vari argomenti che hanno contraddistinto il suo passato. Lunga intervista, qui riproponiamo due aneddoti riguardanti Rakitic e il ct della Nazionale Roberto Mancini.
“Mancini? Un uomo di una classe incredibile, sotto tutti i punti di vista. Ricordo che ad Appiano era consuetudine girare in tenuta sportiva, ma mentre noi comuni mortali potevamo apparire dei pezzenti, lui, che pure indossava la stessa e identica tuta, pareva sfoggiasse abiti sartoriali. Non me ne sono mai fatto una ragione. Abbiamo parlato tanto di calcio, di calciatori, di idee. Poi anche quell’esperienza incredibile in ritiro. Eravamo a Brunico e insieme alla squadra abbiamo deciso di andare a mangiare a Plan De Corones, a oltre due mila metri di altezza. Un posto che raggiungemmo in funivia. Al termine del pranzo sentivo di essere eccessivamente pieno e scherzando dissi al Mancio che sarei tornato a piedi tra i sentieri del monte, gli chiesi se se la sentisse di accompagnarmi, ma ero ironico. Prese la palla al balzo e mi disse che a metà percorso avrebbero dovuto mandare un elicottero a soccorrermi. Nacque una scommessa, la gente del posto cercava di scoraggiarci dicendoci che avremmo rischiato di perderci, ma ormai entrambi volevamo vincere la scommessa e nessuno aveva voglia di tirarsi indietro. Ci mettemmo quasi cinque ore per scendere, eravamo in quattro, io Mancini e due collaboratori. Arrivammo distrutti e il ginocchio del mister iniziò a gonfiarsi. Fece tutto il ritiro con una vistosa benda e spesso i medici dovevano aspirare il liquido con delle siringhe. Tornato a Milano si fece operare“.
“Se c’è qualche calciatore che mi ha stupito particolarmente? Vi svelo una cosa mai detta a nessuno. Quando lavoravo per il Milan andai a Barcellona, ai tempi Rakitic stava parlando di rinnovo con Il suo club e io volevo capire se avesse intenzione di valutare anche altre piste. Arrivammo a casa sua in auto e dal garage prendemmo un’ascensore che ci portò all’appartamento. Era entusiasta, mi disse che se non avesse proseguito col Barcellona avrebbe seriamente preso in considerazione il nostro progetto. Quel dialogo mi segnò, avevo di fronte un campione che in testa non aveva altro che il calcio. Indirizzava ogni singola scelta quotidiana alla sua carriera, dal cibo al riposo, dal tempo libero agli allenamenti. Un uomo e un calciatore pazzesco”.