Mourinho e il triplete: sfuriate, “scudetti di merda”, la vittoria di Siena e il retroscena con Ibra

Tanti passaggi interessanti nell'intervista di José Mourinho sull'impresa dell'Inter a distanza di 10 anni dal Triplete nerazzurro

CalcioWeb

Lunga intervista della Gazzetta dello Sport all’ex tecnico dell’Inter José Mourinho, che racconta il Triplete a 10 anni di distanza da quella impresa. Tanti i passaggi interessanti, ne abbiamo raccolti qui alcuni.

Dove urlai di più? A Catania ero squalificato, li aspettai in pullman e avevo la testa un po’ più fredda: dissi tutto il giorno dopo… A Kiev era più calda: ‘Possiamo essere eliminati, ma non così’. E dopo ‘così’, furono cinque minuti molto violenti. Però poi abbiamo cambiato il chip e insieme siamo andati fino alla fine. E comunque il giorno più difficile della stagione è stato dopo il pareggio di Firenze”.

Quale finale ho sofferto di più? Quella di Coppa Italia non la volevo giocare: l’inno della Roma prima della partita, arrivai a provocare: ‘Fermate la musica o ce ne andiamo’. A Siena avevo paura: sei giorni dopo c’era la grande finale, temevo non giocassero quella partita come una finale. Zero a zero al 45′, la Roma vinceva 2-0, nello spogliatoio un caldo tremendo, non capivo come aiutare la squadra a svoltare tatticamente. Fu molto dura, e non finiva più. Avevo detto: ‘Un giorno mi piacerebbe vincere un campionato all’ultima’. Quel giorno mi dissi: mai più”.

L’addio di Ibra? Ma il casino successe prima, a Pasadena, il giorno dell’amichevole contro il Chelsea. Tormentone da giorni: ‘Ibra va al Barcellona, non va al Barcellona’, lui da superprofessionista quale è giocò 45’, ma poi nello spogliatoio disse: ‘Vado, devo vincere la Champions’. I miei assistenti italiani erano morti – ‘Senza di lui sarà impossibile vincere’ – i compagni non volevano perderlo. Ero preoccupato anche io, ma mi uscì così: ‘Magari tu vai e la vinciamo noi’. Ero stato un po’ pazzo, ma nello spogliatoio cambiò l’atmosfera. Poi dissi a Branca: ‘Se lui vuole andare a Barcellona, cerchiamo di prendere Eto’o’. Lui e Milito tatticamente potevano dare una diversità alla squadra”.

Sneijder? Diversità tattica. Serviva qualcuno che legasse il centrocampo a due attaccanti dalla mobilità tremenda, lui era perfetto. A un certo punto non ci speravo più, ma la prima opzione era lui e Branca mi disse: ‘Non mollare, facciamo insieme pressione su Moratti’. Da quel giorno chiamai Moratti tutti i giorni: ‘Serve Wes, Wes, Wes'”.

“Pensa come Moratti che la semifinale di Barcellona fu una partita drammatica? No, perché in tribuna hai tempo di vivere il dramma, al limite puoi pregare, in campo devi trovare soluzioni. Ho detto che è stata la sconfitta più meravigliosa della mia carriera: non perdemmo 1-0, ma vincemmo 3-2 in condizioni epiche. Cosa dissi a Guardiola? Quando Busquets cadde quasi tramortito io ero in diagonale fra la nostra panchina, la loro e il punto dove Thiago Motta venne espulso. Con la coda dell’occhio vedo la panchina del Barcellona che festeggia come se avessero già vinto, Guardiola che chiama Ibra per parlare di tattica: tattica in 11 contro 10… Gli dissi solo: ‘Non fare festa, questa partita non è finita'”.

Il retroscena di Mourinho all’Inter: “Era furioso, distrusse un lettino di ferro…”