Gianluca Savoldi, l’uomo dei miracoli della “Primavera”

Dopo alcuni miracoli in serie con la "Primavera" del Renate attorno al tecnico bergamasco si stanno accendendo alcuni fari interessanti, ma lui va oltre e rimarca il ruolo sociale e valoriale del football e di chi è custode dei principi morali che ne devono stare alla base: l'allenatore dei più giovani

CalcioWeb

C’è un allenatore che, lontano dalle luci della ribalta, in silenzio e con grande serietà sta scalando una montagna passo dopo passo. Una montagna fatta di lavoro, di risultati e di valori, perchè, se si parla di crescita dei ragazzi del settore giovanile, in qualche modo si parla anche di educatori, non solo di mister o di istruttori.

Questo allenatore in 4 anni ha portato la “Primavera” del Renate dal campionato “Primavera 4” al “Primavera 2” e ora, dopo aver superato due turni di Coppa Italia, è pronto alla prima, storica, sfida nella vita del Renate contro una squadra di “Primavera 1“: il Bologna.

Ma non c’è solo football, anzi in questa lunga intervista, rilasciata ai microfoni di “CalcioWeb”, il calcio resta in secondo piano. Lui sta benissimo a Renate, però attorno al suo nome qualcosa di importante comincia a muoversi. L’allenatore è Gianluca Savoldi.

Il tuo percorso di allenatore è figlio di cosa?

In realtà è un pò anomalo perchè non è avvenuto in maniera immediata e naturale dal campo alla panchina. Dopo tanti anni di calcio avevo voglia di staccare la spina, avevo un pò di nausea, le mie ultime esperienze da calciatore mi avevano lasciato la sensazione di superficialità, scarsa serietà e dunque avevo necessità di staccarmi da queste cose.

Così, terminata la carriera di calciatore, mi sono dedicato ad altro, ad esempio la ristorazione che ho comunque interpretato come gestire una squadra. Tra una cosa e l’altra ho fatto il corso per allenatore e ho percepito, dopo anni, un forte richiamo dal campo, dunque ho pensato che forse c’era ancora un treno, l’ultimo e ho capito anche che ci tenevo. All’inizio ho gestito entrambe le cose e poi ho scelto il tempo pieno per il calcio“.

La Pro Sesto prima e il Renate dopo: gli inizi necessitano sempre di una grande apertura di fiducia

E’ nata quasi per caso la mia prima esperienza con la Pro Sesto, con una battuta buttata là al direttore quando ero fresco fresco di corso.
Poi storicamente la Pro Sesto è sempre stata “sentita” come la terza squadra di Milano (al di là del fatto che oggi le classifiche dicano altro) e ho trovato un club serio, organizzato che mi ha dato l’opportunità di guidare l’under 19 con un gruppo che ho sentito subito mio e rispecchia, sul piano anagrafico, ciò che mi fa stare professionalmente a mio agio, visto che lavori con calciatori giovani ma ormai formati.

Dopo la Pro Sesto mi ha cercato il Renate – che mi aveva già cercato l’anno prima – che mi ha dato in mano la “Primavera” ed ho cominciato con loro; nel frattempo avevo completato anche il corso “Uefa A“.

Dalla “Primavera 4” fino alla prossima sfida di coppa Italia col Bologna, detieni una specie di record nazionale

Abbiamo dovuto ricostruire fiducia nel gruppo 2003, ma ho trovato comunque un buon gruppo col quale abbiamo avviato un percorso di conoscenza prima e crescita poi con la caratteristica che voglio: pressing molto alto, asfissiante e in fare offensiva qualcosa che coinvolga tutti tra possesso palla e verticalizzazioni.

I ragazzi mi hanno seguito con entusiasmo e abbiamo vinto il campionato. In “Primavera 3” era tutto nuovo per me (campionato, avversari) ma stavolta conoscevo bene la mia squadra e così abbiamo fatto una grande stagione superando avversarie di serie B come Sudtirol e Modena ma anche altre come Pro Vercelli, Lecco, Piacenza ed abbiamo vinto, ritengo con merito.

Dopo la promozione abbiamo anche vinto il titolo nazionale giocando e vincendo la finale contro il Palermo. Lo scorso campionato, quello di “Primavera 2”, è stata la classica favola di Davide contro Golia; per il Renate giocare nella medesima categoria di Udinese, Parma, Napoli poteva far tremare le vene dei polsi, ma – grazie anche a una società organizzatissima e seria – abbiamo superato momenti difficili che ci aspettavamo e poi abbiamo raggiunto una storica salvezza (anche in modo tranquillo) della quale in tanti si sono sorpresi, ma ti assicuro che non c’è nulla di cui sorprendersi, è stato solo il frutto del lavoro di anni.
Quest’anno siamo partiti col piede giusto, abbiamo superato due turni di Coppa Italia e poi costretto il Venezia a n pari in casa al debutto in campionato. C’è grande soddisfazione ma voglio che i ragazzi stiano con i piedi per terra perchè quello che ci ha portato fin qui è stata proprio la nostra umiltà unita alla “fame” di mostrare che le idee, la mentalità giusta, l’applicazione, il lavoro possono portare a risultati anche senza grandi budget a disposizione.

Tutto questo, lo ripeto, genera necessariamente una valutazione di grandissima stima e apprezzamento per il club che ho alle spalle, superorganizzato, ti consente di lavorare benissimo, con tutto ciò che serve a disposizione a partire da una filiera tecnica che parte dai più piccoli fino a consegnarmi dei ragazzi di buon livello. Il valore è dato dal fatto che noi abbiamo ragazzi che arrivano da sette, otto, nove anni di percorso nel nostro settore giovanile“.

Quali meriti ti dai?

Il merito che spero di avere avuto è trasferire ai ragazzi un pò di professionalità, di mentalità di calciatore mettendo a disposizione l’esperienza di tanti anni sul campo. Credo che non sia scontato, nel tempo si sono perse tante buone abitudini anche se – devo dirti – che Renate anche in questo senso è un’isola felice.

Io cerco di trasferire a loro quello che ama dire Julio Velasco: ‘Se vuoi diventare un grande giocatore devi allenarti come un grande giocatore’. Io trovo sacrosanto questo principio perchè poi si gioca per come ci si allena e io credo che, sul piano dell’approccio, delle mentalità, della serietà, si gioca anche come si vive.

Io dico loro che già al mattino devono “aggredire” la colazione perchè prendere di petto le situazioni deve essere uno stile di vita che poi si trasferisce in campo, unitamente all’attenzione che ti porta a vivere per quel sogno, si può realizzare.

La crescita del livello – lo ripeto anche a quei ragazzi che ogni tanto sono reduci da un periodo di lavoro della prima squadra – dipende dalla pressione che ti dai da solo, se vuoi la prima squadra devi allenarti da prima squadra…“.

A proposito, ti senti pronto per una prima squadra o ti piacerebbe alzare l’asticella delle ambizioni del settore giovanile?

Ho avuto delle richieste in questi anni ma non ho mai “sentito” come se fosse la cosa giusta da fare in quel momento. Peraltro non ho alcuna fretta di lasciare il mondo della “Primavera” che percepisco molto mio e nel quale mi sento molto bravo per gestire questo passaggio anagrafico delicatissimo.

Dare spazio e mandare in trampolino di lancio delle prime squadre i ragazzi più bravi sono soddisfazioni che mi ripagano e mi danno entusiasmo. Nel mio piccolo una “Primavera 1” o una “Primavera 2” con ambizioni sono un obiettivo, al pari di una prima squadra, ma credo che il percorso venga man mano che esso stesso si sviluppa, quindi sono concentrato sul mio sentiero, sapendo bene dove voglio arrivare ma godendomi tutto, cosa che non ho fatto a pieno da calciatore, con esperienze bellissime che son volate via e delle quali ho tanta nostalgia.

Oggi con i miei ragazzi mi godo ogni piccola seduta di allenamento, ogni piccola trasferta, ogni stagione e sono molto fiero di essere da 4 anni in questo club perchè costruire relazioni così durature non è affatto banale, soprattutto nel calcio.

Non ho fretta di lasciare il Renate anche se sono consapevole del fatto che prima o poi loro si stuferanno di me, spero il più tardi possibile e comunque sarò sempre infinitamente grato a questa società… (ride, ndr)“.

Che tipo è per i suoi calciatori mister Savoldi?

Beh, me lo chiedo spesso perchè avendo avuto come allenatore in “Primavera” Atalanta Prandelli che è stato per noi un padre, una guida, un amico eccezionale ai nostri tempi (vincendo anche uno scudetto “Allievi” e uno “Primavera” insieme)…ogni tanto quel modello ce l’ho ben presente, essendo consapevole del fatto che sono cambiati i tempi e quindi sono cambiate le dinamiche. Ogni tanto scambiamo interazioni sui social, è cambiato il mondo, trovo giusto adeguarsi, soprattutto se hai le necessità di parlare lo stesso linguaggio dei tuoi ragazzi.

Spero di essere per loro ciò che Prandelli è stato per noi; provo a essere una guida, anche severa se serve, perchè devono comprendere bene e in fretta la differenza di ruolo, il fatto che le responsabilità me la prendo io e, dunque, alla fine si fa come dico io, però mi piace che loro siano partecipi delle mie idee che preferisco trasmettere piuttosto che imporre.

Io voglio che loro mi vedano come un mezzo, uno strumento per arrivare. Non me ne importa niente se mio odiano o mi ritengono antipatico quando li cazzio o li pungolo.

Ma io so essere presente anche quando è il momento di rincuorarli, di essere affettuoso e quando si crea una relazione tra uomini ma fatta di valori non ti nego che metto via la maschera da sergente di ferro e mi gratifica molto anche questo. L’altro giorno eravamo in ritiro e due miei ex calciatori mi hanno mandato una foto con un brindisi dedicato e me e queste per me sono soddisfazioni.

Io credo che al di là del mio modo brusco, schietto di dire le cose i miei calciatori sanno che per un certo tipo di rapporto io ci sono sempre e credo che a livello di “Primavera” tu un minimo di relazione con sti ragazzi lo devi creare“.

Quanto c’è del calciatore Savoldi nell’allenatore Savoldi?

Io penso, proprio per quanto dicevamo prima, che un pò del calciatore Savoldi nell’allenatore Savoldi ci sia, anche perchè io credo che per essere credibili sia necessario essere se stessi, devi essere autentico, recitare non è una buona cosa. Se non sei “vero” i ragazzi se ne accorgono.

E dunque il mio percorso di calciatore è ben presente, compresi gli errori che tengo bene in mostra per trasformarlo in insegnamento da trasferire ai miei ragazzi affinchè loro possano imparare dai miei errori del passato.

Si, Gianluca c’è tutto, pur sapendo che l’allenatore è un altro mestiere per il quale servono anche tante altre cose e oggi apprezzo molto tanti miei allenatori che ho avuto da calciatore avendo compreso quanto sia difficile far comprendere ai ragazzi che tu hai, devi avere una visione d’insieme che vada ben oltre quella strettamente individualista, a volte egoista, del calciatore.

E siccome ci sono stato dall’altra parte so bene di cosa parlo e anche ciò che pensano i miei ragazzi, perchè il mio vantaggio è che io del mio essere stato giovane e calciatore non ho dimenticato nulla, ma per loro devo essere solo e soltanto Gianluca allenatore o, se preferite, mister Savoldi…”.

Cos’è il calcio moderno?

Il discorso sarebbe infinito, ma in sintesi io credo che siamo cambiati e migliorati i mezzi di fruizione, di lavoro, possiamo vedere ogni cosa, analizzare i dati di tutto, l’altro giorno guardavo anche le frequenze cardiache di due atleti sul ring, dunque è cambiato tutto, pazzesco!

Questo ci fa capire a che punto siamo arrivati sul piano della tecnologia, dunque è impossibile pensare di vivere, fare le stesse cose che facevamo una volta. Però le buone abitudini, l’educazione dobbiamo mantenerle e invece rischiamo che sbiadiscano ogni giorno; tocca a noi tener fermi i grandi valori e dobbiamo farlo in maniera ancora più netta proprio perchè poi i mezzi cambiano e ciò potrebbe creare nei giovani confusione relativamente alle modalità di comportamento.

I mezzi sono cambiati ma il calcio è sempre quello, tutto sommato; siamo noi a vederlo in modo diverso a seconda delle tendenze. Cos’è il calcio moderno non lo so, ma per me ha sempre quell’incredibile funzione sociale di aggregazione che non ha eguali nella storia dell’umanità. Basti pensare al Fantacalcio (che io non ho mai praticato): il delirio del Fantacalcio che abbraccia tutti senza distinzione di età, genere, classi sociali, dimostra tutto questo.

Sì, saranno cambiati i mezzi, sono il primo a macerarmi nella nostalgia dei tempi andati, delle partite in radio, di Enrico Ameri e Sandro Ciotti, ma se ci pendi l’emozione di vedere la partita, la tua squadra, allo stadio o in tv che sia, è sempre uguale a se stessa nei decenni. Ancora oggi se la tua squadra perde il giorno dopo vai al lavoro di pessimo umore, esattamente come accadeva negli anni 60,70, 80…“.

Il tuo prossimo obiettivo personale?

Permettimi una digressione personale, appunto, perchè ho due figli, di 11 e 8 anni e il mio obiettivo personale è riuscire sempre a star vicino a loro, a comprenderne le anime. Il mio obiettivo è tenere un rapporto di apertura con i miei figli ed essere un punto di riferimento costante, un buon padre. Ecco, non me ne vogliano i tifosi, ma questo è il mio primo obiettivo…“.

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