“La nonna ha origini italiane, quindi se Paulo vuole le porte della nazionale sono aperte.” (A. Conte)
“Magari azzurro si, ma di certo non polacco, a prescindere dal nonno.” (Z. Boniek)
Cittadino italiano da una parte, polacco dall’altra, in realtà argentino purosangue orgoglioso di esserlo, quindi l’ossessione del primo di trovare rinforzi dal “mercato” anche in nazionale ed il più genuino nazionalismo del secondo si possono anche placare, perché il Paulo in questione vuole rappresentare il suo paese e vestire albiceleste. Umile, come gli ha insegnato ad essere la gente di Laguna Larga, la sua terra, dove è cresciuto tra distese incontaminate, laghi, cascate e naturalmente calcio. Tanto calcio.
Un’ossessione cresciuta continuamente con la maglia dell’Instituto de Cordoba, perché papà vuole così. Ed è inutile che i grandi club argentini vengano per portarlo via, è troppo piccolo e deve stare vicino casa. Il sogno del padre è vedere almeno uno dei suoi tre figli diventare calciatore, sa che non bisogna avere fretta. Ha capito che il figlio ha talento e preferisce accompagnarlo ogni giorno lui stesso agli allenamenti ad un’ora di macchina da Laguna piuttosto che bruciare le tappe e mandarlo in foresteria al Newell’s per fare un esempio, che magari si, lo farebbe esordire presto in Primera Division, ma ancora più presto potrebbe farlo cadere nel dimenticatoio.
Un’infame tumore al pancreas però, consumerà il padre pochi anni dopo. Paulo adesso è solo, chiamato a crescere in fretta e far vivere il sogno di suo padre. L’Instituto comprende il dolore e per un paio di mesi lo lascia a casa con la famiglia e a giocare con la squadra del paesino. Ma se vuole fare carriera deve trasferirsi alla base, e quella base deve diventare casa sua perché chi lo accompagna ogni giorno al campo, non c’è più.
Diventa per tutti El Pibe de la pension, una magia dopo l’altra si conquista un posto in prima squadra. Fa vedere cose incredibili, è il più basso di tutti e non lo prendi mai. Riesce a trascinare l’Instituto in vetta a la Segunda Division ad otto giornate dalla fine, davanti addirittura al River Plate nel suo unico anno di cadetteria. I tifosi sono pazzi di lui, gli emissari di mercato ancor di più. Su tutti Gustavo Mascardi, che deteneva i diritti economici e federali del talento: l’accordo di quest’ultimo con la società era che a fine stagione Dybala sarebbe andato via. In realtà Mascardi fece di tutto per farlo partire prima di fine stagione ed il club andò su tutte le furie, il risultato fu che il ragazzo, bombardato da trattative e rumors non vide più la porta, peggiorò le prestazioni e l’Instituto scivolò dal primo al terzo posto fallendo così la promozione. Che dire: il padre aveva ragione a proteggerlo dagli “sciacalli” del pallone.
Quello che si scatenò dopo ha attirato l’attenzione del Mirror britannico, che vede nel trasferimento del giocatore un intrigo internazionale. Dybala lo vogliono tutti, il Liverpool gli è vicinissimo, lo United dietro, l’Inter segue, naturalmente PSG e Chelsea che vogliono tutti, e tante altre staccate. Alla fine a spuntarla chi è? Il Palermo di Zamparini, follemente innamorato della Joya (il gioiello), tanto da spingersi a versare nelle casse del club di Cordoba ben 12mln di euro, una cifra record per il club siciliano. In Argentina dubitano che le cifre siano reali e dopo il trasferimento in rosanero si solleva un polverone di dimensioni bibliche che coinvolge gli sponsor tecnici Adidas e Nike, addirittura il mondo politico e l’ex presidente argentino Kirchner. Polverone a cui il Mirror sta ancora tentando di dare risposta, ma su cui noi ci fermiamo: meglio parlare di calcio.
Il talento è dei più eleganti, il tipico argentino imprevedibile palla al piede, con la rapidità e il baricentro basso incubo di ogni difensore. E’ una seconda punta, ma può giocare ovunque nel reparto avanzato, d’altronde il fiuto del gol è pari a quello per la giocata spettacolare o per il passaggio vincente. Gattuso ha detto di lui che è, letteralmente, due pagine avanti nel manuale del calcio, detto da uno che ha giocato con “alieni” fino a poco tempo fa, non è cosa da poco.
In patria gli è stato riconosciuto l’ingresso ne Las Glorias del Futbol, murales che l’Instituto di Cordoba dedica ai suoi giocatori simbolo. Oggi invece è il giocatore simbolo del Palermo, dopo quella Amauri, Pastore e Cavani è iniziata la sua era in Sicilia. Tutti stravedono per lui, anche il grande regista Giuseppe Tornatore, che si dice colpito dalla storia di Paulo.
La storia, come dice, di un bambino che prende un aereo in attesa di diventare uomo, trasferendosi dall’Argentina a Palermo, carico di sogni e di fantasia. Talentuoso e passionale, con un amore infinito per il calcio e con una scommessa continua con la vita. E’ riuscito a realizzare il desiderio del padre, che oggi sarebbe fiero di lui, fiero di vederlo ballare nel grande calcio, e di essere la Joya della Meglio Gioventù.