Tra le prime squadre di Serie A a sperimentare le porte chiuse ci furono la Juventus e il Napoli. Erano gli anni ’80 ed entrambe giocarono senza pubblico in Coppa dei Campioni. A ricordare quell’esperienza sono stati Aldo Serena e Ottavio Bianchi, intervistati dal “Corriere dello Sport”. «Giocammo senza pubblico i primi due turni casalinghi. Fu una decisione dell’Uefa dopo quello che era accaduto all’Heysel», racconta Aldo Serena, che all’epoca era il centravanti della squadra bianconera. «Dal mio punto di vista, potrei dire che io mi sono trovato bene. Mi ricordo che segnai una doppietta allo Jeunesse, nella prima gara, e un altro gol al Verona, nella seconda. Il pubblico ti carica, ti mette fuoco dentro. Ritrovarsi in mezzo alle tribune vuote non può essere la stessa cosa. Sotto l’aspetto sonoro, sembrava di essere in allenamento, perché sentivi il rumore del pallone ogni volta che veniva colpito, ma anche qualsiasi tipo di commento o insulto. Con il vuoto rimbombava tutto».
Ottavio Bianchi, allenatore di quel Napoli al debutto in Coppa dei Campioni, dopo aver vinto il campionato, racconta: «A porte chiuse non può essere calcio. L’atmosfera è irreale, tutto è ovattato e tu devi cercare di isolarti perché ogni parola finisce per essere amplificata. Una partita a porte chiuse non può essere nemmeno paragonata a un allenamento, perché in allenamento ti puoi fermare, parlare, correggere».
Per quanto riguarda, invece, Juventus-Inter di domenica prossima i due la pensano così: «Magari i nerazzurri saranno leggermente favoriti – ipotizza Serena – Allo Stadium c’è il pubblico addosso e si fa sentire. Ecco i bianconeri potrebbero patire la mancanza di questa spinta e sostegno». Evita di sbilanciarsi, invece, Bianchi: «A priori è difficile stabilire chi sarà favorito dalla situazione. I grandi campioni, a esempio, hanno bisogno del pubblico, anche se contrario. Altri, invece, soffrono l’ambiente e allora potrebbero essere sollevati. Si vedrà…».